Fai un salto nella storia con noi, lungo le vie dove sorgevano le mura di Carlo V con uno sguardo a ciò che oggi resta rievocando gli antichi monumenti.

Quando, nella prima metà del Cinquecento, Carlo V salì al trono, le coste siciliane soffrivano delle costanti incursioni turche. Pertanto fu ordinata la costruzione di un nuovo sistema difensivo in grado di resistere maggiormente agli attacchi nemici, composto da sette porte e undici bastioni.

L’eruzione del 1669 e il terremoto del 1693 prima, l’opera dell’uomo poi, portarono alla scomparsa delle mura delle quali oggi esistono pochi resti.

Ieri come oggi, si accedeva alla città dall’antica Porta di Carlo V, visibile in piazza Pardo, che segna l’ingresso alla “Pescheria”, storico mercato catanese. Vicino la porta, detta anche dei Canali, prima che l’eruzione del 1669 li ricoprisse totalmente, si trovavano trentasei canali attraverso i quali il fiume Amenano confluiva in mare.

Volgendo lo sguardo ai palazzi che costeggiano la via Dusmet potrai ammirare come le mura cinquecentesche siano state inglobate nella più recente architettura.

Poco distante trovate la porta Uzeda costruita dopo il terremoto del 1693 per volere del Duca di Camastra, incaricato della ricostruzione della città. Sebbene inserita nell’impianto delle fortificazioni, si tratta in realtà di un monumento celebrativo.

Immagina che, un tempo, chi usciva da Catania attraverso porta Uzeda trovava davanti a sé lo splendido blu dello Ionio a bagnare le coste catanesi. Il mare è oggi celato alla vista dalle nuove costruzioni, ma la sua presenza è costantemente ricordata dal profumo che avvolge chi passeggia per le vie del centro. Alla destra delle porte si estendevano poi le campagne coltivate mentre a sinistra si trovava, e si trova ancora oggi, il Porto.

Prima di giungere al Porto, una seconda porta segnava l’ingresso alla città cinquecentesca. Era la Porta Vega, così chiamata in onore del viceré Juan de Vega. La porta situata nell’attuale via del Porticello era conosciuta anche come Porta del Porticello o Saracena per via della sua vicinanza al porto aragonese, detto anche porticciolo o porto saraceno.

Le mura proseguivano sino via porta di Ferro, dove sorgeva l’omonima porta. Dello stesso materiale erano i battenti della costruzione, andata distrutta in seguito alla decisione di ampliare la via sulla quale la stessa sorgeva. Tra le due porte, i bastioni Don Perrucchio e Del Salvatore, che si affacciavano sul mare, svolgevano il ruolo strategico di difendere la città dalle frequenti incursioni turche.

Continuando lungo la via Porta di Ferro, un tempo costeggiata dal mare, giungete nell’attuale piazza Cutelli. Qui il bastione San Giuliano era posto a difesa della città dal lato nord-orientale. A ovest, invece, il bastione era collegato alla Porta S. Orsola che prendeva il nome dalla vicina chiesa in piazza Scammacca, alle spalle dell’odierno Teatro Massimo. Poco distante, la piazza Spirito Santo accoglieva il bastione San Michele, sistema difensivo settentrionale della città, che deve il suo nome ad una chiesa non più esistente.

Agli occhi dell’osservatore più attento, lungo il percorso tracciato tra le antiche e più recenti costruzioni, si mostrano piccoli particolari dell’impianto cinquecentesco, primo fra tutti il muro a scarpa, elemento tipico delle fortificazioni dell’epoca.

Il viandante che proveniva dal territorio di Aci entrava in città dalla porta vicina alla tomba del poeta Stesicoro, la porta Stesicorea. Meglio conosciuta come porta di Aci, questa era una delle porte più importanti della città, da essa infatti partiva la strada per Jaci e da qui entravano contadini e commercianti dei vicini casali posti alle pendici del vulcano. Al di fuori della cinta muraria si trovavano i resti dell’anfiteatro romano, oggi visibili in piazza Stesicoro al di sotto del manto stradale. Sapevi che parte degli ordini superiori dell’anfiteatro furono distrutti per non favorire gli attacchi dei nemici?

Le mura proseguivano poi sino la sommità di via Cappuccini dove furono edificati il bastione Santo Carcere e la porta del Re. Il bastione posto a protezione della chiesa di S. Agata La Vetere, che nel Cinquecento era la cattedrale della città, fu successivamente demolito per costruire la facciata della chiesa e la sua struttura fu sfruttata per la costruzione degli edifici adiacenti. Oggi come ieri, il luogo è una tappa importante del culto della santa patrona della città. Dalla porta del Re, costruita per volere del re Federico III d’Aragona, il 4 febbraio le reliquie di Sant’Agata venivano portate in processione sino alla chiesa di S. Agata La Vetere.

Continuando verso ovest le mura si estendevano in via Torre del Vescovo dove è ancora visibile il bastione degli Infetti, così chiamato poiché in seguito all’epidemia di peste, che colpì la città nella seconda metà del Cinquecento, il bastione, oltre a svolgere la funzione difensiva, fu il luogo eletto a ricovero dei cittadini malati. Poco distante da questo sorgeva il bastione del Tindaro.

L’attuale via del Plebiscito costituiva il tracciato della cinta muraria che si congiungeva con il bastione San Giovanni, sorto nell’omonima via, sopravvissuto all’eruzione del 1669 ma distrutto dal successivo terremoto. Le mura collegavano il bastione a quello di Sant’Euplio, in piazza Sant’Antonio, congiunto a sua volta all’ultima porta, la Porta della Decima. Il suo nome suggerisce la presenza nelle sue vicinanze degli uffici delle tasse, che prevedevano il versamento del tributo al sovrano consistente, per l’appunto, nella decima parte del raccolto.

L’imponente costruzione voluta da Carlo V terminava al Castello Ursino, nei cui pressi sorgevano gli ultimi due bastioni della fortificazione: i bastioni San Giorgio e Santa Croce. Al tempo della costruzione delle mura, il castello Ursino possedeva una posizione strategica grazie alla sua dominanza sul mare; ma la costruzione dei bastioni prima, dove erano posti i cannoni, e l’eruzione poi, allontanarono sempre più il Castello dal mare modificando in modo definitivo la sua struttura e nascondendo parte di essa al di sotto dell’odierna superficie stradale.