Granita tradizionale con pane

Granita tradizionale con pane

© Granita Cutilisci Catania

Granita gustosa al pistacchio Catania

© Granita Prestipino Catania

Foto Cutilisci Catania

Foto Cutilisci Catania

Granite gelsi e mandorla tostata

© Credits: Cutilisci

Cinque curiosità sulla granita siciliana

La granita artigianale è un’icona della Sicilia, una prelibatezza impossibile da trovare fuori dai confini dell’isola. Ti sveliamo cinque cose che forse non sai ancora della granita.

1. L’origine

Il consumo di granita è documentato sin dal Medioevo: la ricetta originale viene fatta risalire allo sherbet, importata in Sicilia durante la dominazione araba. I primi produttori locali si chiamavano “nivaroli” ed erano gli uomini che d’inverno si occupavano di raccogliere la neve sull’Etna, sui monti Peloritani, Iblei o Nebrodi. Durante il resto dell’anno, invece, conservavano la neve nelle “neviere” per preservarla dal calore estivo e trasportarla  in riva al mare nei mesi di maggiore arsura. Con il progresso tecnologico, prima cominciò a essere utilizzato un pozzetto manuale e infine, nel corso del XX secolo, la gelatiera.

2. Le neviere

La neve dalla “muntagna”, cioè dalle neviere dell’Etna, arrivava in piena estate ed era ottima per confezionare le granite. Come racconta Antonino Cucuccio (AAG Accompagnatore Alpinismo Giovanile Sezione Acireale del Club Alpino Italiano,  “veniva posta in grossi fossi appositamente scavati nel terreno e ricoperta di cenere vulcanica o dentro grotte vulcaniche. D’estate veniva poi ripresa e confezionata in balle, ricoperta di felci e paglia e trasportata a valle con carretti o muli in sacchi di juta. Ancora oggi, su alcuni monti, si possono trovare le buche usate per la conservazione del ghiaccio, rifinite con mattoncini o pietra”.


3. La ricchezza

Le famiglie nobili compravano la neve dell’Etna raccolta d’inverno dal nivarolu e la facevano conservare in apposite case neviere, collocate in anfratti naturali o in luoghi particolarmente freschi, per ripararla dal caldo. Il commercio di questa materia prima era talmente importante in Sicilia che un anno con scarse precipitazioni di neve era paragonabile a una carestia o a un periodo di siccità. Diversi viaggiatori europei hanno documentato un export che arrivava a toccare le coste di Malta, Napoli e persino della Francia.


4. I gusti

In origine la neve veniva grattata e gli venivano versati sopra sciroppi di frutta e fiori oppure spremute. Successivamente, la “rattata” di neve e miele venne sostituita da un composto di acqua, zucchero e frutta più simile alla versione attuale. I gusti più diffusi, tra grandi e piccoli, sono fragola, gelsi e limone, ma con il tempo si sono aggiunti sapori più particolari, come il caratteristico fico d’India siciliano. Altro passo avanti è stata la creazione delle varianti cremose, molto apprezzate anche in accostamento reciproco: dalle classiche cacao e caffè alla più sperimentale cocco, per chiudere in bellezza con la frutta secca: mandorla, nocciola, pistacchio.

5. Le tradizioni

Sono numerosi i modi di dire siciliani associati alla granita: si può sentire, ad esempio, la frase “comu ‘na nivera”, per indicare un ambiente particolarmente freddo e inospitale per gli esseri umani. Esiste anche una leggenda legata a questa ricetta tipicamente siciliana: la storia di Oxiria, una principessa fenicia che approdò in Sicilia alla ricerca del suo amato e, per conservare la propria bellezza, pare si nutrisse di una miracolosa miscela a base di neve dell’Etna, miele ed agrumi canditi. Insomma, un elisir di eterna bellezza, molto simile all’odierna granita.

Siamo certi che adesso ti sarà venuta voglia di gustare una buona granita tradizionale, scopri dove con i nostri consigli.